domenica 31 luglio 2011

IL DOPPIO


Sviluppare il tema della duplicità è stato quasi un passaggio obbligato. Nel momento stesso in cui ci siamo seduti uno di fronte all'altro, la specularità implicita nel concetto di "duo" è emersa prepotentemente. Il fatto è che esiste un'interazione tutta particolare che si instaura tra due elementi contrapposti, ed è di una semplicità e di un fascino immediatamente percepibili. Naturalmente non si tratta di un fenomeno meramente quantitativo; in questo genere di attività, il risultato non emerge mai dalla semplice somma degli addendi. 





Per capire a fondo il fenomeno credo che bisogna allontanarsi dall'idea di due entità operanti distinte e concepire la la creazione come un processo sempre integralmente "unico", in cui l'attore perde la sua identità in favore dell'azione. Solo dimentichi della duplicità la si può capire fino in fondo, perché solo così è possibile vederla non tanto come non come un'unione quanto come una "scissione". L'atto è sempre UNO ed è in sé già sempre completo, ma ad esso si possono dare una, due o infinite facce. 






Tuttavia nessuna di queste scelte garantisce a priori un risultato migliore. Ognuno degli attori/autori permane nella sua unicità, mentre è il processo creativo a frammentarsi e questo avviene con la maggior forza se i poli sono due. Nel doppio infatti ogni confronto è un contrasto e le direzioni sono sempre contrarie, perché non si dà una terza possibilità. Nel duo si sprigiona la grande forza del terzo escluso, quella che sempre oppone e mai concilia, la più semplice ed incisiva forma di dubbio e tuttavia l'unica chiarezza, perché in essa giace il principio primo della scelta.




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